Il valore adattivo dell'ansia


Al di là delle differenze più avanti descritte tra ansia, angoscia e paura, tutti gli studi condotti nell'ambito della psicologia e delle neuroscienze hanno dimostrato che queste manifestazioni emozionali si basano tutte sui medesimi meccanismi neurofisiologici, descritti nella sezione sulle Basi Neurofisiologiche dell'Ansia. 

Vediamo infatti che, come dimostrato da numerosi studi condotti sugli umani con le più recenti tecniche di neuroimaging e sugli animali con le consuete tecniche di osservazione, la reazione ansiosa o di paura sembra essere mediata dalle stesse strutture nervose e dagli stessi mediatori chimici (neurotrasmettitori e neuromodulatori). 

Una tale evidente corrispondenza porta il mondo della psicologia e delle neuroscienze a considerare l'ansia e la paura come equivalenti, seppur solo per quanto riguarda i meccanismi di base; ciò che cambia invece, e ciò che quindi è di stretta competenza delle scienze psicologiche, è l'innesco di tali meccanismi ossia il modo, le cause e i motivi (e i relativi meccanismi fisiologici sottostanti) che hanno scatenato la risposta ansiosa o di paura. 

L'ansia in sè dunque è un'emozione caratterizzata da un elevatissimo valore adattivo ed è rintracciabile, nei suoi meccanismi di base e nelle sue funzioni di base, in gran parte del mondo animale, ad eccezione di quelle specie il cui sistema nervoso non ha raggiunto un livello di organizzazione sufficientemente evoluto da mediare una tale funzione. Una funzione che, sempre sul piano evolutivo e adattivo, ha avuto un enorme successo in virtù della sua potentissima efficacia e utilità pratica. 

In sintesi, l'ansia consiste in una reazione di attivazione psicofisiologica  (più o meno intensa) che ha la funzione di preparare l'organismo all'azione, sia nei termini di una reazione di difesa (come la fuga e l'immobilizzazione o freezing) che nei termini di attacco (difensivo). 

Tutti dunque possediamo questo meccanismo difensivo incredibilmente potente ed estremamente utile in tutte le situazioni di pericolo. E tutte le volte che in tali situazioni di pericolo il nostro sistema di paura/ansia si attiva consentendoci di evitare il pericolo o di affrontarlo nei migliore dei modi, proveremo un'emozione d'ansia/paura che è definibile "normale" e "non patologica". 

Quando dunque l' "ansia normale" diventa "ansia patologica"? Ebbene stabilire se ci si trova di fronte all'una o all'altra condizione non è semplice. In linea generale e ragionando per estremi, potremmo definire l'ansia patologica come una risposta ansiosa "esagerata" rispetto al suo oggetto, e cioè rispetto alla "reale" pericolosità dell'oggetto (situazioni, persone, oggetti, ecc.) che la scatena. La funzione adattiva-difensiva dell'ansia si esplica solo entro livelli di attivazione emozionale ottimali, e cioè non troppo alti ne troppo bassi. Una risposta emotiva troppo bassa ad esempio può sfociare in comportamenti realmente pericolosi per sé e per gli altri, mentre livelli troppo alti possono determinare reazioni eccessive a danno di sé e degli altri, ivi compresa l'immobilizzazione.

Tuttavia spesso in ambito clinico si ha a che fare con forme ansiose anche molto intense nelle quali, almeno apparentemente, non è individuabile un vero e proprio oggetto (persone, cose, situazioni) che inneschi nel paziente la risposta ansiosa. Ciò rimanda al problema del come individuare le cause dell'ansia patologica. 

L'individuazione delle reali cause di una risposta ansiosa patologica è possibile solo attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla Psicologia. L'approccio psicofarmacologico, e cioè la somministrazione/assunzione di farmaci ad azione ansiolitica (come le benzodiazepine e gli SSRI) deve essere adottato solo nei casi in cui l'approccio Psicologico sia impossibile o si sia rivelato inefficace, o nei casi di fasi acute particolarmente intense/gravi: in ogni caso il farmaco non può agire sulla causa dell'ansia ma solo sull'ansia in sé come insieme di sintomi (particolarmente spiacevoli). Se da un lato il farmaco ansiolitico può ridurre i sintomi dell'ansia in modo estremamente efficace, dall'altra tale effetto è temporaneo e cioè perdura solo fino a quando il farmaco viene assunto: ciò espone moltissimi individui al pericolo dell'abuso di psicofarmaci che può sfociare in vere e proprie forme di dipendenza e che in alcuni casi porta anche alla compromissione della vita lavorativa, sociale e relazionale-affettiva dell'individuo. 

Gli psicofarmaci infatti oltre a svolgere l'attività per i quali si assumono, se assunti cronicamente per periodi eccessivamente prolungati e magari anche senza il controllo medico, possono determinare oltre che patologie organiche anche una compromissione delle performance cognitive che a loro volta possono compromettere le prestazioni lavorative e relazionali. 

 

 


CURE PER I DISTURBI D'ANSIA

UN CONFRONTO SU BASE SCIENTIFICA


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